Amused to Death

Amused To Death è l’album di Roger Waters che finora ha ottenuto maggior favore sia di critica che di pubblico, più dei precedenti The Pros and Cons of Hitch Hiking e Radio K.A.O.S..
A tutt’oggi è purtroppo l’ultima produzione rock in studio dell’artista inglese fondatore dei Pink Floyd. La lunga genesi dell’album, originariamente ispirato al libro del pedagogista ed esperto di media Neil Postman, intitolato appunto “Divertirci da morire” (Amusing Ourselves To Death), subì una grossa spinta dallo scoppio della prima Guerra del Golfo, in modo analogo a quanto era avvenuto per The Final Cut e la guerra nelle Falkland.
Waters, sull’onda emotiva di quell’avvenimento e dei fatti di Piazza Tien-An-Men in Cina, modificò ed aggiunse testi in corso d’opera, per approdare ad una riflessione generale su pro e contro dei media in rapporto a guerre, violenza, repressioni: da un lato la TV inchioda i regimi repressivi alle loro responsabilità (il caso della protesta in Cina), dall’altro la cinica indifferenza del telespettatore occidentale, ormai assuefatto a qualunque “spettacolo”, banalizza anche la guerra fino a ridurla alla stregua di un video-game, o di un evento sportivo.
Uno dei fili conduttori di tutto il disco divenne così il personaggio della scimmia – allegoria del genere umano – che fa zapping col televisore, del tutto indifferente a ciò che guarda: non tanto diversa in questo dal telespettatore-uomo (di frequente, il passaggio tra una traccia e l’altra del CD è costituito proprio dal rumore del cambio di canale TV).
Waters immagina che alieni sbarchino sulla Terra dopo la fine del mondo e studino il comportamento della scimmia, mentre l’umanità è già ridotta ad ombre (come molte vittime di Hiroshima). Nel brano che chiude e dà il titolo all’album, gli studiosi alieni scoprono le ombre, che un tempo erano uomini, riunite attorno ad apparecchi TV; concludono così che la specie umana si è estinta perché “si è intrattenuta a morte” (in inglese: Amused itself to death).
L’intero album è dedicato alla memoria del soldato inglese William “Bill” Hubbard, caduto in trincea nella battaglia della Somme durante la Prima guerra mondiale. In apertura e chiusura di disco udiamo la vera voce di un suo commilitone, Il soldato Alf Razzell, che 75 anni dopo ancora porta con sé il senso di colpa di aver dovuto abbandonare Bill nella terra di nessuno, per non morire egli stesso. Non a caso, i due soldati erano arruolati nei Reali Fucilieri come il padre di Waters, caduto ad Anzio nel 1944. Dal punto di vista musicale, Waters condivide la produzione dell’album con Pat Leonard, noto produttore di Madonna, il quale suona anche in alcune tracce.
Lunghissimo l’elenco degli artisti che contribuirono alle registrazioni, avvenute in ben dieci studi diversi. Degno di nota è il contributo, in diversi brani, di Jeff Beck alla chitarra. In alcune canzoni, Waters duetta con voci soliste femminili, e in Watching TV con Don Henley degli Eagles. A musicisti e cantanti, in tipico “stile Waters”, si aggiungono varie voci parlanti alcune delle quali interpretano i testi dello stesso Waters, altre semplicemente sembrano “rubate” da interviste o film alla TV: fra le partecipazioni, intenzionali e non: il già citato soldato Razzell, il telecronista dell’NBA di basket Marv Albert, l’attore Charles Fleischer nella parte di un predicatore televisivo e la vera voce agonizzante della studentessa cinese uccisa a Piazza Tien-An-Men, protagonista del brano Watching TV. All’inizio del brano Perfect Sense, Part I, Waters ha anche inserito un messaggio registrato alla rovescia: un pesante attacco al regista Stanley Kubrick, che gli aveva negato il permesso di usare – proprio su quel brano – la voce del computer HAL9000 dal film 2001: Odissea nello spazio. Più avanti, in It’s A Miracle, troviamo una frecciata al noto compositore di musical Andrew Lloyd Webber, già colpevole – secondo Waters – di aver plagiato un tema dei Pink Floyd (da una sezione di Echoes del 1971) per il suo The Phantom of the Opera. Non manca, infine, una citazione degli stessi Pink Floyd: l’inconfondibile nota di pianoforte che apriva Echoes compare distintamente all’inizio di What God Wants, Part III. L’album fu registrato con una tecnologia innovativa per quei tempi: il Q-Sound, una sorta di surround virtuale che aumenta l’ampiezza dell’immagine sonora e rende più netta la sensazione che determinati suoni e voci provengano da dietro o dai lati dell’ ascoltatore.

Lascia un commento