Steve Jobs

Steve Jobs tratto dalla biografia ufficiale scritta da Walter Isaacson, diretto da Danny Boyle, scritta da Aaron Sorkin. Gli attori principali sono un grandissimo e istrionico Michael Fassbender nei panni di Jobs (candidato all’oscar come miglio attore protagonista e per me a questo punto vedo Di Caprio di nuovo perdente), Kate Winslet, la sua assistente Joanna Hoffman (anch’essa candidata all’oscar), Jeff Daniels (l’amministratore delegato John Sculley) e Seth Rogen (Steve Wozniak, cofondatore della Apple). In precedenza nel 2013 è stato prodotto un’altro film, Jobs diretto da Joshua Michael Stern e con protagonista Ashton Kutcher (del 1999 è invece I pirati di Silicon Valley biopic su Steve Jobs e Bill Gates).

E’ il 1984 a pochissimo al lancio del primo Macintosh. Poi sarà la volta del NeXT nel 1988 e del iMac nel ’98. Scortato dal suo braccio destro, la fedelissima Joanna Hoffman, nel backstage che muta col mutare dei decenni e dei costumi, Steve Jobs affronta gli imprevisti dell’ultimo minuto, immancabili contrattempi che si presentano sotto forma di esseri umani e rispondono al nome di Lisa, sua figlia, di Chrisann Brennan, la madre di Lisa, Steve Wozniak, il partner dei leggendari inizi nel garage di Los Altos, John Sculley, CEO Apple, Andy Hertzfeld, ingegnere del software.

Non poteva non dotarsi di un perfetto design strutturale, ovvero di un’eccellente e funzionale idea “grafica”, il film di Danny Boyle sull’imprenditore visionario che ha diffuso il mouse, le icone, l’iPhone, l’iPod e l’iPad, incarnando una concezione dell’innovazione che non inseguiva mai l’omologazione ma santificava l’anomalia. E non poteva non parlare, come tutto il cinema di Boyle, di un caso di “campo di distorsione della realtà”, per usare le parole del biografo di Jobs, Walter Isaacson, a cui si ispira liberamente il film. Ma non è distorcendo le immagini, come ha fatto in passato, che Boyle poteva raccontare questa storia: per sorprenderci andavano rovesciate le carte in tavola e ci voleva un grande drammaturgo, un Aaron Sorkin (The social network), per esempio.