Il club dei mestieri stravaganti

clubmestierigrande.jpgIl club dei mestieri stravaganti, del grandissimo GK Chesterton, Guanda.
In una Londra gigantesca e inquietante troviamo il Club dei Mestieri Stravaganti, i cui membri devono avere inventato un loro modo particolare con cui guadagnarsi da vivere, un mestiere del tutto nuovo e originale, come l’Inventore di battute o l’Attaccabottoni professionista e via di questo passo. Le sei storie nascono da una osservazione, da un piccolo indizio che preannuncia un terribile mistero, si continua con il cuore in subbuglio per finire attraverso lo scioglimento che dipana le fosche apparenze.

Sei storie di delitti, sei detective stories, in cui in realtà non viene commesso nessun delitto. Le apparenze sono sinistre; il mistero agli inizi della vicenda è dei più cupi e inquietanti; l’evidenza dei fatti sta lì a indicare che una mente criminosa è al lavoro o ha già condotto a termine il lavoro. Lo sviluppo della vicenda non fa che confermare i peggiori sospetti del lettore. Lo scioglimento, infine, si incarica di smentire quelle apparenze, quei “fatti” con un umorismo sentenzioso, ammonitorio. Esso ci avverte ogni volta che l’immaginazione umana può essere più bizzarra e ingenua di quanto pensiamo. Per un tale genere di detective story occorreva un detective molto speciale: Basil Grant, personaggio improbabile e grandioso, invenzione chestertoniana delle più felici.

Si tratta di un ex giudice, allontanato dalla scranna per manifesta pazzia, e che ora vive felicemente in una soffitta senza provare il bisogno di andare in società più di quanto non provi “il bisogno di apportar modifiche alle nuvole al tramonto”. La pazzia è il suo metodo investigativo e preferisce di gran lunga l’intuizione alla deduzione. Scarta “i fatti” come elementi essenzialmente fuorvianti. È il perfetto campione, insomma, di queste storie stravaganti e beffarde, un impeccabile anti Holmes, che si aggira, svagato e sornione, per una Londra sterminata e fosca, in cui il crimine sembrerebbe di casa, mentre non lo è affatto.

“I fatti”, mormorò Basil, quasi parlasse di strani animali remoti, “come oscurano la verità, i fatti. Forse sono stupido… anzi, si sa che sono pazzo…ma io non ho mai potuto credere a quell’uomo… come si chiama? di quelle storie straordinarie… Sherlock Holmes. Ogni particolare indica qualcosa, certo, ma in genere indica la cosa sbagliata. A me sembra che i fatti indichino in tutte le direzioni, come i mille rami di un albero. E’ solo la vita dell’albero che ha unità e si innalza, solo la linfa verde che sgorga, come una fontana, verso le stelle.”

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