Con Borges

Con Borges di Alberto Manguel, Adelphi

Nel 1964 Alberto Manguel, all’epoca sedicenne, lavorava in una celebre libreria di Buenos Aires, dov’era possibile trovare le ultime novità pubblicate in Europa e negli Stati Uniti – e dove ogni pomeriggio passava Borges, di ritorno dalla Biblioteca Nazionale. Un giorno lo scrittore, ormai cieco, chiese al giovane Manguel se fosse disposto a leggere per lui la sera, giacché sua madre Doña Leonor, novantenne, si stancava facilmente. L’appartamento di Borges è un luogo fuori dal tempo, popolato di libri e di parole, un universo puramente verbale, insomma, dove Manguel scoprirà il genere di conversazione a lui più congeniale – quella sui libri e sull’orologeria dei libri. E scoprirà (lui che era cresciuto in Israele e che a partire dal 1968 sarebbe vissuto in vari paesi) l’unica terra cui valga la pena di appartenere – quella della letteratura. Con una passione costantemente tenuta a freno da un’affabile discrezione, Manguel ci fa condividere la sua scoperta, permettendoci così di conoscere quel che di Borges non sapevamo e forse più conta: la sua irresistibile ironia, la passione per le epopee e le saghe anglosassoni – in cui rientravano i film (sapeva a memoria molte colonne sonore, come quella composta da Bernard Hermann per Psycho di Alfred Hitchcock, un film che lo attraeva particolarmente), i western e la mitologia dei bassifondi di Buenos Aires – e i romanzi polizieschi, la lingua tedesca e le enciclopedie, le tigri e West Side Story, così come le segrete ossessioni, il rapporto con Adolfo Bioy Casares e Silvina Ocampo, l’attrazione per i sogni e la repulsione per Proust e Thomas Mann, Tolstoj e Pirandello. Tanto che alla fine stentiamo a credere di non avere conosciuto Borges di persona, di non essere stati ospiti a casa sua.

“Borges mi sembrò esistere fuori del tempo, o meglio in un tempo costituito dalle esperienze letterarie di Borges, un tempo scandito da epoche diverse: l’Inghilterra vittoriana ed edoardiana, l’Alto Medioevo nordico, la Buenos Aires degli anni Venti e Trenta, l’amata Ginevra, l’espressionismo tedesco, gli odiosi anni di Peron, le estati a Madrid e Maiorca, i mesi trascorsi all’Università di Austin, nel Texas… Questi erano i suoi punti di riferimento, la sua storia e la sua geografia: le intrusioni del presente erano rare. Amava viaggiare, ma non poteva vedere i luoghi che visitava… eppure era singolarmente privo di interesse per il mondo fisico, se non come rappresentazione delle sue letture. La sabbia del Sahara o l’acqua del Nilo, la costa dell’Islanda, le rovine della Grecia e di Roma, cose a cui si accostava con godimento e venerazione, non facevano che confermare il ricordo di una pagina delle Mille e una notte o della Bibbia, della Saga di Njall o di Omero e Virgilio. E tutte queste “conferme” le riportava a casa con sé.”

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