Sorpreso dalla gioia

Sorpreso dalla gioia, JacaBook, di C.S. Lewis
A volte nella vita quando tutto sembra che ti abbandoni subentra la gioia inaspettata.
Questo è il libro in cui Lewis racconta il suo passaggio dall’ateismo al cristianesimo. E’ una storia, come dice l’autore, «insopportabilmente personale».

Lewis è stato uno dei più singolari intellettuali dell’Inghilterra del suo tempo aveva aderito con convinzione ad un ferreo razionalismo, e si allontanò da ogni fede religiosa, professandosi ateo e libero pensatore. Questa fase della vita di Lewis ebbe termine durante la Prima Guerra Mondiale, dove il giovane soldato rimase ferito sui campi di battaglia della Francia. Durante la convalescenza gli finì in mano un libro di Gilbert K.Chesterton, il creatore di Padre Brown, un autore che esplodeva nelle pagine dei suoi romanzi e dei suoi saggi una straordinaria vitalità, una passione per il reale, un senso di gratitudine verso la vita, piena di umorismo e di gioia. Una gioia non ottusa – e questo fu subito ben chiaro all’acuta sensibilità di Lewis- ma consapevole e meditata, un sentimento che non prescindeva dall’esistenza del male, del dolore, della contraddizione. 

Chesterton fu una grossa sorpresa per Lewis, la cui passione per la letteratura e la cui sete di conoscenza si erano rivolte per anni ai classici, ad importanti autori di narrativa e di saggistica. Ora rimaneva invece affascinato da uno scrittore di romanzi fantastici, di gialli che avevano per protagonista un prete cattolico, di saggi in difesa del buon senso e del Cristianesimo, il tutto caratterizzato da una scrittura vivace, appassionata, brillante, capace di prendere sul serio la realtà nella sua integrità, a cominciare dalla realtà interiore dell’uomo e di adoperare fiduciosamente l’intelletto – ovvero il buon senso- nella sua originale sanità, purificato da ogni incrostazione ideologica.

“Durante il trimestre della Trinità del 1929 mi arresi, ammisi che Dio era Dio e mi inginocchiai per pregare: fui forse, quella sera, il convertito più disperato e riluttante d’Inghilterra. Allora non mi avvidi di quello che oggi è così chiaro e lampante: l’umiltà con cui Dio è pronto ad accogliere un convertito anche a queste condizioni. Per lo meno, il figliol prodigo era tornato a casa coi suoi stessi piedi. Ma chi potrà mai adorare adeguatamente quell’amore che schiude i cancelli del cielo a un prodigo che recalcitra e si dibatte, e ruota intorno gli occhi risentito in cerca di scampo? Le parole compelle intrare, obbligali ad entrare, sono state così abusate dai malvagi che a sentirle rabbrividiamo ma, opportunamente comprese, scandagliano gli abissi della misericordia Divina. La durezza di Dio è più mite della dolcezza umana, e le Sue costrizioni sono la nostra liberazione.”

Chi aveva insegnato, dopo la lettura di Chesterton, la strada giusta all’incerto Lewis? Si trattava di un nuovo amico, un collega, che Lewis aveva conosciuto nella primavera del 1926, al secondo anno di insegnamento. Un uomo mite, tranquillo, poco significativo agli occhi del vivace Lewis, abituato a personalità più spiccate. Il suo nome era John Ronald Reuel Tolkien: ovvero il futuro autore de Il Signore degli Anelli. Un giovane sensibile certamente, ma privo della utopica ingenuità romantica di molti suoi coetanei più fortunati: uno di quei cattolici che non facevano certo mistero della propria fede. 

Ignificativamente, nella sua autobiografia Sorpreso dalla gioia Lewis scrisse: “alla mia venuta in questo mondo mi avevano (tacitamente) avvertito di non fidarmi mai di un papista, e (apertamente) al mio arrivo alla facoltà di inglese di non fidarmi mai di un filologo. Tolkien era l’uno e l’altro”. Per Lewis questa amicizia rappresentò anche la via del ritorno a quel cristianesimo che aveva abbandonato negli anni giovanili per avventurarsi in una inquieta ricerca intellettuale ed esistenziale. Lewis, così come Tolkien, attinse dai miti antichi e dai grandi classici della narrativa fantastica per esaltare i temi della trascendenza, partendo dalla nostalgia del Paradiso perduto per esortare l’uomo moderno ad una nuova coraggiosa ricerca del buono, del bello, del vero.

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