La mia vita con Philip Kindred Dick

La mia vita con Philip Kindred Dick di Tessa B. Dick, Associazione culturale Electric Sheep Comics

L’avevo detto che questo è l’anno di P.K. Dick, ne è l’ennesima conferma questo volume La mia vita con Philip Dick traduzione Italiana del libro “Remembering Firebright”, scritto da Tessa B. Dick nel 2009. Tessa, la quinta moglie dello scrittore statunitense, racconta con una prospettiva inedita il periodo più misterioso e significativo di Philip Dick, quello dell’anamnesi. Questo volume non è la solita biografia, piuttosto ha l’ambizione di rivelare gli eventi vissuti dalla coppia da un punto di vista privilegiato. Possiamo definire l’opera di Tessa come una raccolta di ricordi, spesso non ordinata cronologicamente, dove la scrittrice statunitense si divide tra il ruolo di moglie, madre e amante. “La mia vita con Philip Dick” è uno scambio di aneddoti e confidenze su quello che definiamo uno dei filosofi più arguti dell’epoca moderna. Perché è di filosofia, di politica e di emozioni umane, prima ancora che di fantascienza, di cui Dick racconta. Di un universo irrazionale in cui il bene e il male, pur non avendo un confine definito, lottano inequivocabilmente tra loro, e dove l’uomo spesso meno umano di un androide è in eterna lotta con se stesso e alle prese con un entropia che tutto assorbe e divora.

Quando mio marito iniziò ad avere visioni, nel febbraio del 1974, si sospettò di piccoli ictus o colpi apoplettici causati dalla ipertensione che Phil non teneva sotto controllo. A un certo punto fu ricoverato in ospedale per dieci giorni in modo che i medici potessero seguire da vicino la sua pressione sanguigna, mentre mettevano a punto una terapia. I problemi di pressione potevano spiegare i lampi di luce brillante che Phil vedeva, ma di certo non il contenuto delle sue esperienze visionarie. Io ero lì, e so che lui non abusava di alcuna sostanza stupefacente. “Sono pazzo?”, si chiedeva spesso. Io gli assicuravo che non c’era nulla di strano nel sentire messaggi da parte di Dio… Almeno finché Dio non gli avesse detto di spogliarsi nudo in aeroporto…”