Intervista a Bruce Sterling – 3

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Ogni volta che Bruce Sterling rilascia un’intervista, e lo fa molto spesso (Intervista a Bruce Sterling – Intervista a Bruce sterling 2), mi è impossibile ignorare quello che dice anche perchè egli è il guru delle previsioni per eccellenza.

– La stampa –

Bruce Sterling è un autore a 360 gradi, assolutamente poliedrico: narratore (è stato tra i padri del Cyberpunk), pensatore (tra i suoi saggi ricordiamo Tomorrow, now. Come vivremo tra cinquant’anni), grande osservatore dei cambiamenti che la tecnologia porta alla nostra società.

In questi giorni sono usciti per la casa editrice 40k (www.40kbooks.com) due sue novelette italiane: “Cigno Nero” ambientata a Torino e “Il Bisturi Napoletano” che si svolge nell’Italia del Risorgimento.

Lasciamelo dire: nel mondo della fantascienza sei considerato un semidio, un vero maestro della forma. Questo è un dato di fatto. Cosa si prova?
Malinconia. Il mondo della fantascienza mi preoccupa. È un mondo prezioso per me, ma è piccolo e so che è minacciato. Questi sono tempi oscuri per tutte le forme di letteratura stampata, in ogni genere e in ogni nazione. Dirò di più, credo di poter affermare che sono tempi bui per qualsiasi forma di cultura che non sia nativa per il digitale e per uno schermo di computer.

Tu vivi a Torino, la stessa città in cui Nietzsche ebbe il suo famoso crollo. Prima di impazzire disse, «non avrei mai pensato che la luce potesse rendere una città così bella». Cosa ti piace di Torino?
La leggenda vuole che gli scrittori che si recano a Torino impazziscano o tentino il suicidio. In realtà, io vado a Torino per trovare motivi importanti per essere sano di mente e per crescere. Se guardiamo bene, al giorno d’oggi è New York, il centro dell’editoria americana, la città in cui gli scrittori vogliono gettarsi nel fiume e morire.
I torinesi sono un popolo tranquillo, riservato, e disciplinato. Sono cinici con se stessi. Incarnano il Risorgimento, ma nel corso dei secoli, pare non se ne siano mai resi conto. Il più grande mistero di Torino è che i torinesi sono un mistero per loro stessi.

Il tuo primo romanzo che ho letto è stato anche il primo che hai scritto: il bellissimo Involution Ocean, che fu caldamente raccomandato da Harlan Ellison. Per me è più una favola, non è un romanzo ortodosso e non fornisce alcun indizio su come si sarebbe successivamente poi sviluppato il tuo lavoro. Come ti rapporti adesso con il romanzo?
Harlan Ellison è stato il mio mentore letterario. Mi ha commissionato quel libro quando ero uno studente universitario. Involution Ocean non sarebbe mai stato scritto senza la sua guida e il suo incoraggiamento.
Quando penso a quel libro col senno di poi, penso all’importanza dei mentori letterari. Ma ormai l’editoria non funziona più così. È come ricevere in eredità qualche importante cimelio reale, e poi rendersi conto che si vive in una Repubblica.
Harlan Ellison adesso ha 76 anni, è malato, e dice pubblicamente che non vivrà ancora a lungo. Le persone che hanno letto il mio primo romanzo probabilmente non lo sanno. Io lo so, e lo sento. La letteratura non significa impegnarsi personalmente a spingere la penna sulla pagina. La letteratura è insieme patrimonio e avvenire. Ho imparato questa verità da Harlan Ellison e devo trovare un modo efficace per utilizzarla praticamente nel mondo di oggi.

Perché sei così affascinato dalla tecnologia obsoleta? È un esempio di quello che Borges definisce «piacere dell’inutile erudizione»? O c’è qualcosa di più importante dietro?
È impossibile comprendere la tecnologia corrente senza capire quella obsoleta. Tutta la tecnologia diventa obsoleta alla fine. Viviamo in una società molto concentrata sulle tecnologie che possono creare ricchezza in futuro. Ma la tecnologia non è realmente questo. Questo, banalmente, è ciò che certe persone sono pagate per pubblicizzare.

Un titolo con profonde risonanze filosofiche: “Cigno Nero” racconta anche lo sfruttamento e il commercio di segreti tecnologici e industriali. Sono i segreti l’ultima merce di scambio del mondo capitalista?
Sono incline a pensare che la merce di scambio definitiva del capitalismo sia il denaro. I veri segreti sono spesso cose piccole, ma ci sono molte altre cose estremamente importanti che sono evidenti, ma che nessuno osa ammettere pubblicamente. La gente si rifugia dietro le ipocrisie, le delusioni, le fedi, le ideologie. Questi sono fatti molto più importanti di qualsiasi semplice segreto.
L’evoluzione è un fatto palese della vita, ma Darwin mantenne segreta la sua teoria sulla selezione naturale per 20 anni. Poi ha pubblicato il suo «segreto nel 1858, perché temeva che Wallace,il suo rivale, l’avrebbe rivelato. Eppure, ancora oggi molta gente contesta ancora la teoria evolutiva. E la contesta con forza, con tanto più vigore quanto più si dimostra vera.

Ho annunciato su Facebook che speravo di intervistarti e ho chiesto se qualcuno aveva qualche domanda da porti. La prima persona a rispondere è stato un tuo fan, Bob Lock, che ha chiesto: «Siamo finalmente fuori dal punk? Abbiamo avuto il cyberpunk e lo steampunk. Tu prevedi altri sotto-generi emergenti che utilizzino il suffisso punk? dobbiamo aspettarci il bio-punk, il wood-punk,il plastic-punk o il suffisso ha raggiunto il suo apice»?
Il suffisso-punk non è più tanto cool come una volta. Le persone usano questo termine per mancanza di alternative costruttive. Bio-punk, ad esempio, non è un termine futuristico: il bio-punk è stato un’importante filone della fantascienza ceca della metà degli anni ottanta. Definire “-punk” qualcosa non serve più a indicare persone che fanno parte di una controcultura punk storica, come i musicisti con lamette e vestiti strappati. Significa piuttosto parlare di gente che utilizza i moderni social network per muoversi intorno alle discipline tradizionali, per appropriarsi delle conoscenze tecniche necessarie per i diversi obiettivi della vita quotidiana. È una pratica abbastanza nuova, che sta diventando sempre più frequente. E andrà avanti, non importa con quali nomi.

Almeno una volta ti avranno chiesto di spiegare l’enorme differenza tra i metodi di ricerca che utilizzi per essere scrittore oggi e quelli che impiegavi quando hai cominciato la tua carriera. Probabilmente hai risposto con una sola parola: «Google». Certo potrebbe sembrare una domanda perversa, ma pensi che per un esordiente sia pericoloso il fatto che la ricerca sia diventata molto più facile?
Non è affatto una domanda perversa. È ovvio. Si tratta semplicemente di esaminare qualsiasi testo contemporaneo e vedere quanto Google è stato usato per comporlo. La scrittura contemporanea è carica di strani piccoli dettagli di erudizione usati per rendere costosa e difficile la ricerca.
Per esempio, consideriamo un’oscura e polverosa figura come Massimo d’Azeglio. O meglio, Massimo Taparelli, il marchese d’Azeglio (24 ottobre 1798 – 15 gennaio 1866), autore di romanzi storici italiani come “Ettore Fieramosca” e “Niccolò dei Lapi”. Nessun americano dovrebbe saper correttamente qualcosa di quest’uomo. Mi ci sono voluti 57 secondi per cercarlo su Google, incluso il tempo che ho impiegato per tagliare e incollare il testo.
Il pericolo è nella logica che questo nasconde: come può uno scrittore moderno veramente capire qualcosa di Massimo Taparelli in soli 57 secondi? Non è possibile. Avere accesso ai fatti non significa comprenderli..
Il marchese d’Azeglio era un aristocratico intelligente, creativo e colto del 19° secolo. Lui era profondo e liberale, e sottile e umano, ma molto estraneo a noi moderni. Oggi uno scrittore potrebbe essere portato a sbagliare, credendo di poterlo comprendere attraverso questa immediata bufera di blandi dati elettronici che abbiamo su di lui. È molto probabile che alla fine conosciamo meno di lui proprio perchè crediamo di saperne di più.

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