Avendo affrontato l’argomento dell’uscita, a breve, del film I’m a legend (con Will Smith) e parlato di altri film come 28 giorni dopo dalla trama simile, si deve segnalare che dallo stesso romanzo sono stati tratti già due film, 1975, Occhi bianchi sul pianeta terra, del 1971 con Charlton Heston, di cui avevo un vago ricordo da bambino, all’epoca mi ricordo che fui terrorizzato da alcune scene di questo film.
Trama:
In una Los Angeles abbandonata e spettrale si aggira Robert Neville (Heston), ex medico militare e ultimo uomo sopravvissuto ad un olocausto batteriologico avvenuto due anni prima. La ricerca di generi di prima necessità da una parte e quella di mantenere la propria mente lucida in una realtà alienante dall’altra ne caratterizza le giornate, mentre la lotta armata per la sopravvivenza ne caratterizza le notti. La solitaria esistenza di Neville è infatti messa a repentaglio dal tramonto all’alba dagli assalti della Famiglia, una setta di creature che i veleni della guerra batteriologica hanno trasformato in fotofobici e psicotici albini. Riuniti attorno alla farneticante figura del loro capo Matthias (Zerbe), questo manipolo di poche centinaia di individui abbandona il proprio rifugio – simbolicamente, il municipio della città – e esce allo scoperto non appena il sole cala dietro l’orizzonte per distruggere con il fuoco qualunque retaggio dell’era tecnologica, responsabile della distruzione della civiltà e di cui Neville rappresenta chiaramente l’ultima, detestabile incarnazione.Inesorabilmente scandita da luce e tenebre, la monotona successione di giornate sempre uguali si arresta quando Neville scopre di non essere realmente solo. L’incontro con Lisa (Cash), Dutch (Koslo) e un gruppo di bambini miracolosamente scampati ad una seria intossicazione, ma di cui presentano comunque sintomi leggeri, fornisce a Neville un nuova ragion d’essere. Il suo sangue, immunizzato da un vaccino sperimentale di sua ideazione, potrebbe rappresentare la salvezza per un’umanità senza più speranze.
E L’ultimo uomo della terra (di cui mi ha parlato per la prima volta Faramir) e diretto nel 1964 dall’italiano Ubaldo Ragona (ma di produzione Americana), interpretato da Vincent Price è ambientato in una spettrale Roma, per la precisione il moderno quartiere dell’EUR, resa ancora più inquietante dal bianco e nero in cui è girato.
Trama:
Il dott. Robert Morgan (Vincent Price) è l’ultimo sopravvissuto di una tremenda epidemia che ha sterminato l’intera umanità. Per qualche strano motivo egli è immune al virus. La sua solitudine è però legata al periodo diurno della giornata.
Dopo il tramonto infatti, le vittime della malattia escono dalle loro tombe e vanno a caccia di sangue, minacciando la vita e la sanità mentale dell’ultimo uomo sulla terra. Di giorno, il dott. Morgan, divide la sue attività tra il lavoro in laboratorio per scoprire un vaccino efficiente e il rogo dei cadaveri, unico modo per fermare i non-morti.
Quando Morgan trova una spaventata Ruth Collins (Franca Bettoia), vittima della malattia, egli la cura trasformandola nell’ultima speranza per il futuro del pianeta.
Mi è poi venuto in mente di questo Dylan Dog n. 77 , L’ultimo uomo sulla Terra, angosciante veramente, letto anni fa, e che vede il protagonista in una Londra deserta dopo che un apocalisse ha spazzato via l’umanità intera. Ma quanto tempo è passato? E perché soltanto lui è sopravvissuto? La verità fluttua dentro un silenzio eterno e un’eterna attesa…