L’ immaginario prigioniero. Come educare i nostri figli a un uso creativo e responsabile delle nuove tecnologie
di Parsi M. Rita; Cantelmi Tonino; Orlando Francesca, Mondadori.
Da molte parti sento parlare di generazione dei “nativi digitali“, fin da piccoli alle prese con telefonino e videogame, da grandi multitasking
Fin dalla culla giocano con il telefonino di mamma, quando ancora gattonano sono già padroni di telecomando e videogame. Così, ai tempi della scuola materna, sanno leggere senza problemi le icone di tv, computer e videoregistratore. E sfidano i grandi ai videogame.
«Dal 2000 circa in poi il genere umano ha subito un’ulteriore evoluzione. Dopo l’Homo sapiens sapiens è la volta della generazione dei “nativi digitali”. Una nuova umanità “figlia” di cellulari e videogiochi, che ha già un cervello diverso dal nostro». A “fotografare” le caratteristiche di questi bambini è Tonino Cantelmi, docente di psichiatria dell’Università Gregoriana di Roma e presidente dell’Associazione italiana psicologi e psichiatri cattolici.
«Abbiamo esaminato un vasto campione di bimbi, nati a partire dal 2002. Concentrandoci sulle caratteristiche dei nativi digitali, figli della “generazione di mezzo” e nipoti dei “predigitali” – spiega all’Adnkronos salute lo psichiatra, che a questo tema ha dedicato un libro, “L’immaginario prigioniero” (Mondadori), scritto a quattro mani con la psicoterapeuta Maria Rita Parsi – Questi piccoli hanno un apprendimento più percettivo e meno simbolico, e sono dotati di abilità visuo-motorie eccezionali. Una volta adulti – aggiunge – saranno spesso uomini e donne alexitimici, incapaci cioè di riconoscere le emozioni interne, ma abilissimi a rappresentarle».
Inoltre saranno ragazzini e poi giovani multitasking, capaci di utilizzare contemporaneamente vari mezzi tecnologici senza timore o paura. «Mentre, ad esempio – prosegue Cantelmi – i nonni “predigitali” si riconoscono subito all’aeroporto, perché fanno ancora la coda per il check-in. Una cosa che la generazione di mezzo ha ormai superato, padroneggiando il telecheck-in o usando le macchinette per l’accettazione rapida».
Per la generazione dei nativi digitali, che in questi anni sono ancora sui banchi di materna ed elementare, «le emozioni non sono vissute, ma piuttosto rappresentate. Saranno abilissimi a tecnomediare le relazioni. E, naturalmente, comunicare con loro sarà difficile sia per la generazione di mezzo, che per i predigitali», prevede Cantelmi. Infatti l’uso di vari strumenti tecnologici fin da bambini attiva aree cerebrali differenti. E predispone a svelare senza fatica i segreti delle strumentazioni più high-tech.
Tutti genietti del computer, dunque? «Non solo, questa generazione – racconta lo psichiatra – nasce con l’esperienza della democrazia dal basso. La pressione del gruppo di coetanei con cui si condividono le chiacchiere digitali sarà fortissima, e presto sulla rete si commenteranno eventi e avvenimenti, piccoli e grandi». Dall’uscita di un film in 3D, all’apertura del negozio sotto casa.
Il futuro dei nativi digitali, secondo Cantelmi, è sempre più scritto nei blog. E la Rete «muterà per alimentare le passioni e i modi di socializzazione di questa generazione in crescita. Affamata di novità – conclude – e bravissima a sintetizzare con un’icona i suoi messaggi al clan degli amici», via mail su telefonini sempre più ricchi di applicazioni.