Il libro delle anime

il-libro-delle-anime.jpgIl libro delle anime di Glenn Cooper, Nord. La biblioteca dei morti vendutissimo mystery di Glenn Cooper, lasciava insoluti molti interrogativi. Davvero tutti i libri compilati nell’abbazia di Vectis, con la data di nascita e morte di gran parte dell’umanità, sono custoditi nell’Area 51? Davvero il 2027 rappresenta la fine dei tempi? E davvero il rissoso protagonista, l’ex profiler dell’Fbi Will Piper, si è rassegnato alla pensione e alle gioie della famiglia?Naturalmente no: e le risposte sono ne Il libro delle anime, appena uscito per Editrice Nord.

È un libro, un semplice libro antico. Ma custodisce un segreto. Un segreto che è stato scritto col sangue nel 1297, da innumerevoli scrivani coi capelli rossi e con gli occhi verdi, forse toccati dalla grazia divina, forse messaggeri del diavolo. Che è riapparso nel 1334, in una lettera vergata da un abate ormai troppo anziano per sopportare il peso di quel mistero. Che, nel corso del XVI secolo, ha illuminato la strada di un teologo, i sogni di un visionario e le parole di un genio. È un libro, un semplice libro antico. Ma sta per scatenare l’inferno. Perché quel libro è stato sottratto alla Biblioteca dei Morti, la sconfinata raccolta di volumi in cui è riportata la data di nascita e di morte di tutti gli uomini vissuti dall’VIII secolo in poi.

«Ho scritto La biblioteca dei morti come romanzo unico. È stato il mio agente a venderlo prevedendo un seguito, e ho dovuto adeguarmi. Fortunatamente c’è stato il tempo per cambiare parti del primo libro e lasciare aperte alcune grandi questioni a cui rispondere nel secondo. Non auguro la stessa esperienza a un esordiente, però».
Due romanzi con lo stesso tema: conoscere il momento della propria morte. Perché? «Perché fin da bambino ero affascinato dall’idea della predestinazione. Quando ero studente pensavo: bene, se ogni cosa è già stabilita, forse non devo studiare per i miei esami. Pochi anni fa ho realizzato che Fato e Destino sarebbero stati un meraviglioso soggetto per un thriller».
Deve esserci stato qualche altro interesse. La storia medievale? La religione? «La storia, soprattutto: ne sono sempre stato appassionato. Quanto alla religione, mi dava da riflettere l’idea che il sistema fondato sulla fede abbia governato le vite degli uomini in tutti i tempi e luoghi. Volevo utilizzare questi temi in un romanzo: il mystery e il thriller erano la strada per raggiungere il più vasto pubblico possibile».
C’è un motivo per cui i lettori amano tanto il mystery? «Perché vogliono usare il loro poco tempo a disposizione per essere divertiti e per essere strappati da una vita ordinaria, almeno per poche ore. Il mystery è un ottimo modo per riuscirci». Soprattutto il mystery storico: debiti nei confronti di Il nome della rosa? «Umberto Eco è il padre e il maestro. Il nome della rosa ha dettato i canoni per il thriller storico».
Altri scrittori l’hanno influenzata fra gli autori non di genere? «Soprattutto John Steinbeck. Amo anche Graham Greene, Auden, John Fowles, Shakespeare». Che non a caso appare ne Il libro delle anime. Dove c’è un unico volume al centro della vicenda. «Sì, ho immaginato che di quei 700 mila libri che componevano la biblioteca di Vectis, uno fosse caduto in mani estranee: influenzando, poi, le vite di molti uomini, inclusi Calvino, Nostradamus e William Shakespeare. E quando appare in una casa d’aste di Londra, quello stesso libro cattura il protagonista, Will Piper, dentro l’avventura».
Shakespearee Calvino insieme all’Area 51? «Certo. È divertente mischiare cultura alta e bassa. Allo stesso modo, effettuo lunghe ricerche per rendere i miei romanzi assolutamente rigorosie rispettosi di figure ed eventi storici. I lettori sembrano amare l’ idea che la storia possa incontrarsi con la modernità».
Il suo personaggio, invece, odia i libri, ama l’alcool, è burbero e istintivo. Anti-eroe? «Non mi piacciono i canoni classici di eroe e anti-eroe. Nessuno è totalmente buono o cattivo. Will Piper è un uomo imperfetto che desidera fare la cosa giusta: ma che, a volte, sbaglia». A proposito di sfumature. In Italia si discute sulla necessità di distinguere fra generi e sottogeneri. È corretto farlo? «Io penso che ci siano differenze importanti, per esempio, fra un thriller e un mystery: nel secondo, le cose possono procedere lentamente, il piacere consiste nel risolvere il crimine o l’enigma. È come guidare una confortevole automobile da turismo. In un thriller, il ritmo è veloce e furibondo, e una debolezza del protagonista può avere conseguenze terribili. È come guidare una Ferrari».
A quale categoria appartiene il suo terzo romanzo uscito in America, The Tenth Chamber? «È un thriller, molto incalzante, con al centro un dipinto preistorico. È ambientato ai giorni nostri, con riferimenti alla Francia medievale e a quella di 30 mila anni fa. Diversamente dai due libri precedenti, tutti i misteri sono spiegati dalla scienza. Nessuna relazione col fantastico, stavolta». E il suo nuovo romanzo, Near Death? «Near Death si svolge nel presente e si centra sulle esperienze del dopo-morte. Volevo capire se potevo scrivere un thriller più convenzionale e tuttavia è stato duro lavorarci, anche se penso che il risultato sia buono. Ma è difficile resistere al richiamo della storia: il libro a cui sto lavorando è ambientato nella Roma moderna, medievale e antica. Sono tornato in zone confortevoli». Dopo un ulteriore libro sulla morte, però. «È il soggetto più interessante del mondo».”

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