Cartagena. Gli ultimi delle Tortuga

Cartagena. Gli ultimi delle Tortuga, di Valerio Evangelisti, Mondandori
I primi di novembre sarà in libreria il nuovo romanzo di Valerio Evangelisti: Cartagena, gli ultimi della Tortuga. E’ il romanzo conclusivo della trilogia sui pirati, comprendente anche Tortuga e Veracruz.

“Nel 1697 Luigi XIV è impegnato nell’ennesima guerra, detta dei Nove Anni. Per rimpinguare le casse ormai vuote del regno, decide di inviare una flotta imponente contro Cartagena, nell’attuale Colombia: una delle città più ricche dell’impero spagnolo d’oltremare, ritenuta imprendibile. L’ammiraglio De Pointis, per navigare i Caraibi, ha però bisogno dell’ausilio della Filibusta. Solo che la Tortuga è stata abbandonata, e i Fratelli della Costa superstiti si sono sparsi sulle montagne dell’isola di Hispaniola. Chi riesce a radunarli è il governatore Ducasse, ex negriero, gran farabutto ma d’animo per certi versi nobile, avventuriero impavido.

Martin d’Orlhac è stato ladro, poi soldato, e infine è divenuto il braccio destro di De Pointis. Fatto imbarcare con i pirati, assiste con progressiva simpatia alla vita libera e feroce di costoro. Intreccia anche una bizzarra storia d’amore, che gli costerà parecchio, con una giovane dama spagnola tanto bella quanto inaccessibile, tanto apparentemente ingenua quanto sottile e intelligente.

La presa di Cartagena vedrà crescere la tensione tra il nobile De Pointis e il plebeo Ducasse, tra Fratelli della Costa ed esercito regolare; fino all’aperta ribellione dei filibustieri contro l’arroganza di un’aristocrazia che persino in Francia comincia a essere messa in discussione. Sarà l’ultimo atto della fratellanza di fuorilegge che sull’isola della Tortuga aveva preso forma e terrorizzato i Caraibi per quasi cinquant’anni. Pochi mesi dopo la conquista di Cartagena le grandi potenze firmeranno un trattato di pace e si impegneranno, di comune accordo, a combattere la pirateria.

Tortuga
Nel 1685, i giorni dei pirati raggruppati nella confraternita detta dei Fratelli della Costa, obbedienti al re di Francia, sono contati. Luigi XIV ha fatto la pace con la Spagna e le scorribande dei filibustieri dei Caraibi, che hanno per base l’isola della Tortuga (La Tortue), sono diventate scomode. Un nuovo governatore ha preso possesso dell’isola e intende normalizzarla. È in questa situazione che un nostromo portoghese, Rogério de Campos, ex gesuita dal passato torbido, è catturato dal comandante pirata Lorencillo e arruolato a forza. Si trova a vivere tra gente sconcertante, dalla vita libera e indisciplinata e dalle imprevedibili esplosioni di crudeltà. Lentamente, Rogério è conquistato dalle regole a volte fraterne, a volte feroci, di quella comunità singolare. La sua è una progressiva discesa all’inferno – un inferno, però, fondato sullo scatenamento degli istinti, e a suo modo “democratico”. La stessa Tortuga, covo della Filibusta fedele in teoria alla Francia, ha le apparenze di una repubblica, eppure si fonda sul più rigido schiavismo. Rogério, passato al servizio del tetro cavaliere De Grammont, partecipa all’ultima grande avventura dei pirati della Tortuga: la presa, sanguinosissima, della città di Campeche, sulle coste messicane. Unica luce, in quella conquista infernale, l’amore del portoghese per una schiava africana da cui lo stesso De Grammont è attratto. Sarà l’episodio che volgerà il viaggio di ritorno in tragedia.
Veracrus
Siamo nel 1683, due anni prima degli eventi narrati nel romanzo “Tortuga”. Il cavaliere Michel de Grammont, ultimo leggendario capo dei Fratelli della Costa che infestano il mar dei Caraibi, propone ai compagni un’idea folle: conquistare e saccheggiare Veracruz, la città più importante della Nuova Spagna, giudicata imprendibile. Un’impresa condannata anche da quella corona di Francia di cui i pirati si dicono gli agenti, che ha firmato con gli spagnoli un effimero trattato di pace. Prende il largo dall’isola di Roatàn la flotta più imponente che abbia solcato le acque centroamericane. Uomini spericolati, cinici, rotti a ogni crudeltà. Se esiste un ideale, è di arricchirsi in fretta e sperperare tutto nei pochi anni di vita che rimangono. Un quadro dei Fratelli della Costa al tempo stesso crudamente realistico e oggettivamente pittoresco, ma documentato con serietà. Quasi l’antitesi del romanticismo salgariano, e dell’abbondante saggistica che ha letto l’epopea dei pirati della Tortuga in chiave di rivolta libertaria. Lo sfondo ambientale sono isolette suggestive, mari cristallini, sabbie bianchissime, città costiere protette da banchi di corallo. Chi ha detto che l’inferno abbia colori cupi?

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