Vampire Hunter

La leggenda del cacciatore di vampiri ovvero Vampire Hunter, in poche parole come far ritornare i vampiri al loro stato originale. Basta belinate alla twilight, non esistono vampiri buoni, belli e dannati ma esistono i vampiri come come li aveva magistralmente dipinti Bram Stoker nel suo Dracula (in questo caso Abraham Lincoln è un novello Van Helsing): figli delle tenebre e assetati di sangue, cattivi come mai e… sudisti, buona battaglia di Gettysburg, che la caccia abbia inizio.

Pima di diventare Presidente, prima di essere la bandiera della democrazia americana, il giovane Abraham Lincoln ha dovuto patire l’orrore di vedere la propria madre morire per opera di una creatura della notte. Deciso a trovare vendetta, il ragazzo ben presto si confronta con un mondo oscuro che si cela dietro la facciata: i vampiri sono ovunque, e per combatterli serve ben altra forza che la sola volontà di un individuo. Ecco che la battaglia senza quartiere contro le forze del male si lega imprescindibilmente con quella di una nazione per trovare la propria identità.

Secondo film hollywoodiano del portento visivo russo Timur Bekmambetov, produzione eccellente di un’altra mente visionaria come Tim Burton, Vampire hunter è una miscela di generi che ad un primo impatto potrebbe facilmente spiazzare.

L’action mirabolante delle scene di duello e, fattore più complicato da amalgamare agli altri, affresco storico che necessariamente contiene anche una certa dose di epica. Anche se non funziona alla perfezione sotto tutti i punti di vista, il film possiede un’energia e una capacità di fascinazione che francamente non ci saremmo aspettati. Bekmambetov aveva già dimostrato con il precedente, spettacolare Wanted di saper gestire i grandi budget hollywoodiani riproponendo comunque una sua personale idea di cinema d’azione. In questo nuovo prodotto conferma questa sua evidente qualità: La leggenda del cacciatore di vampiri funziona soprattutto nelle scene più spettacolari, nei duelli furiosi, in un’idea di rappresentazione che quando diventa iperbolica trova la sua forza. 
Per quanto riguarda le interpretazioni dei personaggi principali, il cast d’attori senza eccellere in nessun ruolo si dimostra comunque affiatato e discretamente funzionale. Da notare la fortissima somiglianza del protagonista Benjamin Walker con Liam Neeson, con cui tra l’altro ha lavorato qualche anno fa in Kinsey. Rimane poi sempre un piacere gustare la raffinata gigioneria con cui il consumato Rufus Sewell riempie le sue figure di “villain”.

 

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