Bryan Ferry – Olympia

Bryan Ferry, l’ultimo dandy, ritratto da Anton Corbijn

Mi sono accorto dell’uscita di Olympia (con in copertina una smagliante Kate Moss ispirata al dipinto di Manet) solo in questi giorni mentre ero alla ricerca di una nuova strategia obliqua del non musicista per eccellenza: Brian Eno (storico produttore del David Bowie della trilogia berlinese “Low” “Heroes” e “Lodger”, dei Talking Heads, di quasi tutti i dischi degli U2, dei Cold Play, dei Travis, degli Ultravox, di Grace Jones).
Devo dire che l’ascolto mi ha letteralmente conquistato, si tratta di un disco dotato di una classe cristallina, come ci sia aspetta dall’ultimo aristocratico dandy sulla terra, Bryan Ferry, che qui in compagnia di un super gruppo di musicisti compone la sua opera più bella da almeno 15 anni a questa parte, una vera ricerca maniacale della perfezione.
Le canzoni sono uscite da diverse sessioni di registrazione (alcune proprio con i Roxy Music) e gode della collaborazione (compositiva o strumentale) di una larga compagine di ospiti come appunto Phil Manzanera e Andy MacKay e Brian Eno dei Roxy, Dave Stewart degli Eurythmics (alcuni brani provengono dalle “Alphaville sessions” con quest’ultimo, risalenti al 1995 e mai pubblicate), Johnny Greenwood dei Radiohead, Scissor Sisters (co-autori di “Heartache by numbers”), l’ex Pink Floyd David Gilmour (“Me oh my”), un trittico di bassisti: jazz Marcus Miller, Flea dei Red Hot Chili Peppers e Gary “Mani” Mounfield degli Stone Roses che pazzescamente suonano contemporaneamente in “You can dance” , i Groove Armada (in una nuova versione di “Shameless”, già apparsa nel loro ultimo album “Black light”), Nile Rodgers e Steve Nieve. La versione deluxe propone due cd con versione alternative dei brani e una intensissima Reason Or Rhyme instrumental che non smetterete facilmente di ascoltare.

Tracklist