La dea bianca. Grammatica storica del mito poetico

La dea bianca. Grammatica storica del mito poetico di Robert Graves, Adelphi.
Ultime conversazioni vol.3 è come tutte le opere di Borges un libro di libri, e questo è il primo tra i centinaia citati, in questo caso durante una conversazione sulla poesia celtica Borges cita un passo de La battaglia degli alberi. Questa poesia sarebbe piaciuta a Chesterton che amava i miti e soprattutto quelli celtici e a Tolkien che sicuramente la conosceva e magari gli ha ricordato la battaglia degli Ent. E chissà che discussione ne sarebbe venuta fuori Borges, Chesterton e Tolkien insieme.

La battaglia degli alberi affonda le sue radici in un antico mito gallese, nel quale si racconta della lotta tra il re Arawn ed i figli del re Don (Amathaon e Gwydion); il fine della battaglia è quello di scoprire il nome segreto della divinità venerata dal popolo nemico.

La Dea Bianca che contiene la poesi è uno dei pochi sommi capolavori del nostro secolo … libro denso ed esultante, teso sul filo di una conoscenza minuta della letteratura gallese e irlandese, dei primordi greci ed ebraici”. Elémire Zolla. ” Ho sempre creduto che i grandi libri sulla mitologia siano, essi stessi, dei libri mitologici: ereditano una grande tradizione mitica, la raccolgono, la interpretano; e la continuano, facendo echeggiare di nuovo tra noi quei miti, avvolgendoci nella loro melodia, contagiandoci coi loro suoni, come migliaia di anni fa o in quell’istante miracoloso fuori dal tempo, in cui il mito per la prima volta esplose alla luce. Robert Graves ha portato questo principio sino in fondo … il risultato è un libro straordinariamente ricco e vivo, che di colpo ci fa abitare vicino alla misteriosa Dea Bianca, a Eracle, alle sirene, alle mille divinità celtiche.

La battaglia degli alberi:

Sono stato in molte forme,
prima di conseguirne una congeniale.
Sono stato la stretta lama di una spada.
(Ci crederò quando apparirà).
Sono stato una goccia nell’aria.
Sono stato una stella splendente.
Sono stato una parola in un libro.
Sono stato un libro, in origine.
Sono stato la luce di una lanterna.
Per un anno e mezzo.
Sono stato un ponte per traversare sessanta fiumi.
Ho viaggiato in forma di aquila.
Sono stato una barca sul mare.
Sono stato uno stratega in battaglia.
Sono stato i legacci delle fasce di un bimbo.
Sono stato una spada in una mano.
Sono stato uno scudo in battaglia.
Sono stato la corda di un’arpa
incantata per un anno
nella schiuma dell’acqua.
Sono stato un attizzatoio nel fuoco.
Sono stato un albero di una macchia.
Nulla c’è in cui non sia stato.
Ho combattuto, seppur piccino,
Nella battaglia di Goddeu Brig,
davanti al Sovrano di Britannia,
dalle flotte numerose.
I bardi mediocri simulano,
simulano un animale mostruoso,
dalle cento teste,
e un combattimento atroce
alla radice della lingua.
E un’altra battaglia si combatte
nel retro della testa.
Un rospo che ha sulle cosce
cento artigli,
un serpente crestato maculato
per punire nella carne
cento anime per i loro peccati.
Ero a Caer Fefynedd,
là si affrettavano erbe ed alberi.
I viandanti li scorgono,
i guerrieri sono attoniti
al rinnovarsi di scontri
come quelli sostenuti da Gwydion.
Si invoca il Cielo,
e Cristo perché compia
la loro liberazione,
il Signore Onnipotente.
Se il Signore aveva risposto,
con formule magiche e magica arte,
assumete l’aspetto degli alberi più importanti,
con voi schierati
trattenete la gente
senza esperienza di battaglie.
Quando gli alberi subirono l’incantesimo
ci fu speranza per gli alberi,
di riuscire a frustrare l’intenzione
dei fuochi tutt’intorno…
Son meglio di tre all’unisono,
che si divertono in cerchio,
mentre uno di loro racconta
la storia del Diluvio
e della croce di Cristo,
e del giorno del Giudizio che è prossimo.
Gli ontani in prima linea,
furono loro a dare l’inizio.
Il salice e il sorbo selvatico
furono lenti a schierarsi.
Il susino è un albero
non amato dagli uomini;
di natura simile è il nespolo
che vince una dura fatica.
Il fagiolo porta nella sua ombra
un esercito di fantasmi.
Il lampone costruisce
non il migliore tra i cibi.
Al riparo vivono
il ligustro e il caprifoglio
e l’edera durante la sua stagione.
Grande è la ginestra spinosa in battaglia.
Il ciliegio era stato rimproverato.
La betulla, pur molto magnanima,
si schierò in ritardo;
non fu per codardia,
ma per le sue grandi dimensioni.
L’aspetto del […]
è quello di uno straniero e di un selvaggio.
Il pino nella corte,
forte in battaglia,
grandemente lodato da me
alla presenza di re,
gli olmi sono i suoi sudditi.
Non si volge di lato per lo spazio di un piede,
ma colpisce giusto nel mezzo,
e all’estremità più lontana.
Il nocciolo è il giudice,
le sue bacche sono la tua dote.
Benedetto è il ligustro.
Capi forti in guerra
sono il […] e il gelso.
Prospero è il faggio.
L’agrifoglio verde scuro
fu molto coraggioso:
difeso da ogni lato dalle punte,
che feriscono le mani.
I pioppi durevoli
molto franti in battaglia.
La felce spogliata;
le ginestre con la loro progenie:
il ginestrone non si comportò bene
finché fu domato.
L’erica offriva consolazione
confortando la gente.
Il ciliegio selvatico incalzava.
La quercia che si muove agilmente,
dinanzi a lei tremano cielo e terra,
Robusto custode della porta contro il nemico
è il suo nome in ogni terra.
Il gittaione avvinto assieme
fu offerto per essere bruciato.
Altri furono respinti
a causa dei vuoti creati
dalla grande violenza
sul campo di battaglia.
Molto furente il […],
crudele il cupo frassino.
Timido il castagno,
che rifugge dalla gioia.
Vi sarà una nera tenebra,
vi sarà un terremoto sul monte,
vi sarà una fornace purificatrice,
vi sarà in primo luogo una grande ondata,
e quando l’urlo verrà udito,
le cime del fabbio stanno mettendo nuove foglie,
mutando e rinnovandosi dal loro stato avvizzito;
le cime della quercia sono aggrovigliate.
Dal Gorchan di Maelderw.
Sorridendo accanto alla roccia
[era] il pero non di natura ardente.
Né di madre né di padre,
quand’io fui fatto,
erano il sangue o il corpo mio;
di n ove tipi di facoltà,
del frutto dei frutti,
di frutti Dio mi fece,
del fiore della primula di monte,
dei germogli di alberi e cespuglil,
di terra della specie terrestre.
Quando fui fatto
dei fiori dell’ortica,
dell’acqua della nona onda,
fui legato con incantesimo da Math,
prima di divenire immortale.
Fui legato con incantesimo da Gwydion,
grande mago dei Britanni,
di Eurys, di Eurwm,
di Euron, di Medron,
su miriadi di segreti
io sono dotto quanto Math…
Io so dell’Imperatore
di quando fu bruciato a mezzo.
Io so la conoscenza astrale
delle stelle prima che [fosse creata] la terra,
da dove sono nato,
quanti mondi vi sono.
è usanza dei bardi compiuti
recitare le lodi del loro paese.
Ho suonato a Lloughor,
ho dormito nella porpora.
Forse che non ero nel recinto
con Dylan Ail Mor,
su un giaciglio nel centro
tra le ginocchia del principe
sopra due lance spuntate?
Quando vennero dal cielo
i torrenti giù nell’abisso,
precipitandosi con impeto violento.
[Io so] ottanta canzoni,
per soddisfare il loro piacere.
Non c’è veliardo né infanti,
oltre a me quanto alle loro poesie,
nessun cantore che conosca tutte le novecento che io conosco
riguardo alla spada macchiata di sangue.
La mia guida è l’onore.
Il sapere vantaggioso viene dal Signore.
[Io conosco] l’uccisione del cinghiale,
il suo apparire e scomparire,
la sua conoscenza delle lingue.
[Io conosco] la luce il cui nome è Splendore,
e il numero delle luci regnanti
che diffondono raggi di fuoco
in alto sopra l’abisso.
Sono stato un serpente maculato sopra una collina;
sono stato una vipera in un lago;
sono stato un tempo una stella maligna.
Sono stato un peso in un mulino [?].
La mia tonaca è tutta rossa.
Io non profetizzo alcun male.
Ottanta sbuffi di fumo
a chiunque li porterà via:
e un milione di angeli
sulla punta del mio coltello.
Bello è il cavallo giallo,
ma cento volte migliore
è il mio color della panna,
veloce come il gabbiano,
che non può superarmi
tra il mare e la riva.
non sono io preminente nel campo del sangue?
Io ho cento parti del bottino.
La mia corona è di gioielli rossi,
l’orlo del mio scudo è d’oro.
Non è nato nessuno valente come me,
né mai se ne è conosciuto uno
tranne Goronwy,
dalle valli di Edrywy.
Lunghe e bianche sono le mie dita,
lungo tempo è passato da quan’ero un mandriano.
Ho viaggiato sulla terra
prima di diventare un uomo erudito.
Ho viaggiato, ho compiuto un circuito,
ho dormito in cento isole,
ho abitato in cento città.
O druidi eruditi,
profetizzate voi di Arthur?
O è me che essi celebrano,
e la crocifissione di Cristo,
e il giorno del Giudizio che è prossimo,
e uno che riferisce
la storia del Diluvio?
Da un gioiello dorato montato in oro
io sono arricchito;
e indulgo al piacere
grazie alla fatica opprimente dell’orafo.

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