La cavalcata dei morti

La cavalcata dei morti, di Fred Vargas, Einaudi.
Le scrittrici francesi amano gli pseudonimi, come Izner Claude, pseudonimo delle sorelle Liliane e Laurence Korb creatrici del libraio ed investigatore Victor Legris, che vive nella Parigi del XIX secolo (Il delitto di Montmartre, L’assassino del Marais) anche Fred Vargas è ormai risaputo essere lo pseudonimo di Frédérique Audouin-Rouzeau. Ho letto tutti i libri della Vargas con protagonista il commissario Adamsberg (ma anche quelli con i tre evangelisti), l’investigatore senza metodo che ha reso famosa la scrittrice Parigina e che come altri suoi illustri colleghi (Montalbano di Camilleri e Morse di Dexter, Wallander di Mankell) è stato portato sul piccolo schermo con i film per la tv Sotto i venti di NettunoL’uomo dai cerchi azzurriL’uomo a rovescioUn luogo incerto
Dopo aver letto anche La cavalcata dei morti, non posso che consigliarne la lettura, avendolo trovato uno dei migliori in assoluto. Il riferimento alla Caccia infernale mi ha ricordato Storie da Altrove n.2 scritto da Castelli, grande conoscitore e studioso di questo genere di leggende.

“Durante le mie ricerche sul Medioevo”, – spiega Fred Vargas – “mi sono imbattuta nella leggenda della ‘Schiera furiosa’, un gruppo di cavalieri spettrali che di tanto in tanto tornava in terra per punire con la morte i responsabili di delitti mai scoperti e quindi impuniti. Questi mostri che combattono a modo loro l’ingiustizia mi sono sembrati subito un ottimo punto di partenza per un romanzo noir”.

Ecco spiegato il motivo per cui il commissario Adamsberg, il personaggio forse più noto della giallista francese, sia costretto ancora una volta a lasciare la sua Parigi per un’ambientazione leggermente più gotica, la Normandia. Non che ne avesse tanta voglia, ne siamo certi. Il commissario sognatore è, insieme a Maigret, a Montalbano e a pochi altri, uno di quei commissari che si ritrovano in mezzo alle azioni senza avere nessun ruolo veramente propulsivo nella vicenda. Lui preferisce passeggiare e meditare, in attesa dell’intuizione che lo condurrà alla verità. Una fiducia ben riposta, non c’è che dire, dal momento che proprio le numerose inchieste di Adamsberg hanno portato alla ribalta internazionale i romanzi di Fred Vargas. 
Per comprendere il segreto di un successo giunto tardivamente – il primo romanzo pubblicato in Italia nel 2000 Io sono il tenebroso arriva dopo che l’autrice ha già pubblicato in Francia altri sette romanzi – è sicuramente il passaparola dei lettori, che hanno trovato nello stile elegante della sua scrittura, nel suo modo di canzonare i suoi personaggi senza prenderli – e prendersi – troppo sul serio e nella sua abilità di intrecciare trame a volte complicatissime, la chiave vincente. Quelli di Fred Vargas in effetti sono romanzi noir un po’ alternativi, sia che si tratti della sua prima serie, quella che ha per protagonisti tre giovani storici, sia che si tratti delle inchieste di Adamsberg, quelli che solitamente vengono considerati i canoni tipici del genere vengono puntualmente sovvertiti. 
Con uno stile particolarissimo, anche per via della tendenza a inglobare nella narrazione uno stuolo di personaggi vivacissimi e reali, dalla poliziotta bulimica al poeta, dallo zoologo al genio incompreso, Fred Vargas ci trascina ancora una volta in una trama poliziesca ai limiti della verosimiglianza, attraverso una spericolata incursione nel mondo delle leggende medioevali. 
A distanza di tre anni dall’ultimo romanzo, Un luogo incerto, un giallo che virava nelle atmosfere horror grazie all’ingresso in scena di un vampiro serbo, Fred Vargas ritorna nei boschi della Normandia, già scenario di Nei boschi eterni, dove spettri e armate tenebrose sono pronte a sconvolgere la vita tranquilla degli abitanti del luogo. È proprio una di loro, una vecchia villica scontrosa, come nella migliore tradizione francese, a interpellare Jean-Baptiste Adamsberg, diventato ormai leggendario anche tra la gente dei boschi normanni, per portarlo sulle tracce dell’armata furiosa, La cavalcata dei morti.
Difficile credere che una vecchia leggenda popolare, quella di un esercito di morti che trova e rapisce le anime impunite di chi si è macchiato di atroci delitti, abbia qualcosa a che vedere con un omicidio molto concreto e terreno, come quello di un vecchio magnate della finanza e dell’industria che viene trovato morto nella sua auto. Eppure sarà una brillante intuizione di Adamsberg a farci trovare il bandolo della matassa e a collegare due casi che apparentemente non hanno nulla in comune. Alta finanza e leggende medioevali… che sia una questione di credulità?

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