The babadook

Che paura arriva Babadook (l’uomo nero)!! Questo film è stato definito disturbante da Stephen King e con questo ho detto tutto!!
È raro che un horror tocchi corde emotive tanto drammatiche, ma Babadook mostra con grande autenticità quale sfida quotidiana sia sopravvivere ad un grave lutto mai rielaborato e, attraverso la messa in scena di un legame tra madre e figlio, quanto estrema possa essere l’avventura della genitorialità e tormentata la stagione dell’infanzia.
Temi seri affrontati mediante personaggi la cui introspezione appare molto curata e che sono interpretati da attori straordinariamente credibili (Noah Wiseman il bambino è incredibile!)

Figlia diretta dell’Halloween di Carpenter per come inietta nella sua storia di paura una caratterizzazione profonda della propria protagonista, donna vessata da tutte le parti, madre single disperata, sommessamente in cerca di un inconfessabile desiderio amore, abbandonata da tutti e apparentemente destinata alla follia, Jennifer Kent fa uso delle migliori idee del moderno horror americano a basso costo (minimalismo di messa in scena, un luogo unico in cui ambientare gran parte della storia e gioco di montaggio furioso) e delle psicosi mentali nello stile di Aronofsky.

Amelia nella sua lotta contro Babadook per salvare il figlio diventa le favole che legge a Samuel, i cartoni che vede in televisione, il lupo travestito da agnello, arriva a bussare alle porte e minacciare di abbatterle.
Le idee attraverso le quali The Babadook colpisce il cerchio delle regole del cinema horror (le fughe, le lotte contro la minaccia, i coltelli e le possessioni) e la botte di un sentimentalismo finalmente non di facciata (in più d’un punto è possibile commuoversi onestamente per la tremenda sete d’amore soppressa) sembrano non finire mai, il suo lungo delirio e la caccia che occupa tutta la seconda parte sono un piacere per gli occhi (basterebbe anche solo lo sguardo nell’ombra quando la vicina bussa alla porta) e, cosa rara, il terrore che infonde è il contrario dell’epidermica tensione degli horror più cretini, una profonda sensazione di disagio nei confronti del nero che respingiamo nell’angolo del nostro cervello per poi ritrovarlo che emerge dalle ombre, dentro gli armadi o sotto i letti. E proprio quando sembra che il film sia pronto alla sua chiusa, quando pare che il delirio di invenzioni e splendore debba terminare The Babadook presenta un finale come non si era mai visto, che getta una luce ancora diversa, paradossalmente conciliante, su tutta la storia per svelarne la natura di favola morale.