The hateful eight

Ammetto di non aver amato questo film, in alcuni tratti l’ho trovato addirittura sgradevole e fastidioso, fine a se stesso, anni luce lontano dal cinema che amo. Il film è infarcito di incongruenze enormi, indizi inutili, personaggi che si comportano in modo assolutamente irrazionale, senza parlare della verbosità sparata a mille al contrario dei lunghi silenzi di Sergio Leone, quello si, grande grande cinema.

In questo ottavo film Quentin Tarantino è ossessionato dalla nozione di identità, reale o supposta dei suoi personaggi e di una nazione perennemente indecisa fra opzione morale e violenza brutale.
Ma Tarantino non è Spielberg. Se l’uno riduce in forma di dialogo il potere (Lincoln), l’altro lo esplode con un colpo di fucile e lo schizza sul muro, l’uno epico l’altro fortemente nichilista. ‘Allungato’ sullo schermo, l’autore americano prosegue sul sentiero battuto da Django e sorprende sulla strada per Red Rock una diligenza in fuga dai fantasmi della guerra civile.

Tarantino sceglie di ripristinare un formato abbandonato nel 1966, l’Ultra Panavision 70, non tanto e non solo per distendere i paesaggi del Wyoming ma per filmare le interazioni degli attori dentro uno spazio chiuso. Riparati in un rifugio e disposti come pedine su una scacchiera, gli otto hateful di Tarantino agiscono in primo piano e sullo sfondo. 
I due livelli di visione permettono allo spettatore di non staccare mai gli occhi dai personaggi e dalla relazione che ciascuno di loro intrattiene con l’altro, in un clima di paranoia che monta. Spinti da un vento polare in un ricovero alla fine del mondo e separati dal mondo, i nostri non smettono di mostrarsi a vicenda documenti, lettere, mandati, ordini di missione, avvisi di ricerca per provare che sono esattamente chi dicono di essere.
Sceriffi designati, cacciatori di taglie, cowboy nostalgici, generali in pensione, gangster nomadi, burocrati forbiti, ex soldati incazzati, bianchi, neri, messicani, confederati e unionisti, non manca davvero nessuno nella pièce western di Tarantino, magma incandescente degli Stati Uniti nascenti che scalda i rancori e cova una diffidenza post guerra civile.