James Bond. Fenomenologia di un mito (post)moderno

James Bond. Fenomenologia di un mito (post)moderno di Matteo Pollone, Bietti

E’ uscito da poco un saggio veramente molto gustoso sul mito di James Bond.
«Il mio nome è Bond, James Bond»: frase cult, immutata da Agente 007 Licenza di uccidereSpectre, ancora oggi tra le più ripetute e amate nella storia del cinema. Pronunciata negli anni da attori molto diversi tra loro – Sean Connery, Roger Moore, Pierce Brosnan fino a Daniel Craig, ultima incarnazione della spia inglese più sexy di sempre – che si sono fatti carico dei diversi portati politici, storici, sociologici e di gender messi in campo di volta in volta dalla saga di 007. Dalla letteratura allo schermo, passando per i videogiochi, l’enogastronomia, le riviste di gossip e la semiotica, la fenomenologia di Bond viene ricostruita attraverso i saggi di studiosi che si interrogano sull’attualità di un mito che continua a rilanciarsi senza perdere in grinta e smalto, alternando vodka martini (agitato, non mescolato) e birra, mai rinunciando ad avere una Bond-girl