Giro di vite contro gli hacker

9788804523871g.jpgGiro di vite contro gli hacker di Bruce SterlingMondadori. Avevo già letto un altro paio di libri sull’argomento tra cui Hackers, i ribelli digitali di Paolo Mastrolilli(Editore Laterza) incentrato sull’ormai leggendaria figura di El Zorro, tra i più abili pirati della rete, ma Sterling fa molto di più e in questo libro ci conduce per mano alle soglia del nuovo millennio spiegandoci ciò che succede nelle reti informatiche, dentro ai computer e nello spazio che si crea tra telefono e telefono: il cyberspazio.
Pubblicato in Internet nel 1994, Giro di vite contro gli hackerè il ritratto del mondo della Rete negli anni Novanta, di cui Sterling è stato un vero profeta. Il testo, a metà tra narrativa e saggistica, descrive il momento in cui la politica e le forze dell’ordine hanno iniziato a interessarsi alla Rete e sono cominciati i tentativi di regolamentarla.
In questo viaggio tra crimini e criminali informatici incontriamo cyberpunk e hacker, teenager geniali e pazzi, ragazzi terribili e ancor più terribili poliziotti, capelloni anarchici e impeccabili avvocati, hippie e agenti dell’FBI: tutti i protagonisti dell’incredibile e realissimo universo del cyberspazio che fanno del libro, dieci anni dopo la sua prima pubblicazione, un’opera ancora attualissima.
Leggendolo ho veramente imparato cose che non conoscevo, a cominciare dai personaggi che dalla fine degli anni 70 hanno popolato l’underground Hacker, come Eric Corley aka Emmanuel Goldstein capo degli Hacker New yorkesi che dal 1984 pubblica 2600 Hacker Quarterly che risponde così in un’intervista sugli hacker americani: “chiunque venga ritenuto un Hacker, sta facendo per forza qualcosa di illegale. Questo è un brutto segnale sullo stato della nostra società, se si pensa che una persona alla ricerca della verità e delle conoscenza, viene subito considerata coinvolta in qualcosa di nefasto. Gli Hackers, nella loro ingenuità idealistica, rivelano sempre le cose che hanno scoperto, senza riguardo ai soldi, i segreti delle aziende, o le cospirazioni del governo. Noi non abbiamo nulla da nascondere, e questa è la ragione per cui siamo relativamente aperti nelle nostre faccende. Noi cerchiamo di costruire un sistema che accetti ogni persona, senza chiedergli da dove viene.
Ma il fatto che non siamo disposti a giocare al gioco dei segreti, ci trasforma in una minaccia tremenda agli occhi di coloro che vogliono tenere le cose importanti fuori dalla portata del pubblico. La maggior parte di noi è attratta dai sistemi che hanno la reputazione di essere inaccessibili. Questa è una reazione normale dell’essere umano, quando viene sfidato. Il solo fatto che molti di noi continuino questa attività, dopo i tanti Hackers costretti a pagare pesantemente, indica che la nostra passione è una forza guida molto potente. Quando questo elemento verrà finalmente riconosciuto come un fattore positivo, forse potremo davvero cominciare ad imparare gli uni dagli altri. La gente è sempre stata attratta dall’idea dell’avventura e dell’esplorazione. Ormai ci sono molte persone normali che condividono i valori degli Hacker, cioè la libertà di parola, il potere dell’individuo davanti allo stato o alle corporation, e in generale la sensazione di divertimento che noi abbiamo. Per capire meglio, immagina un film qualsiasi, in cui un individuo combatte contro una certa entità. Con chi si identificano gli spettatori? Anche se il protagonista viola le leggi, la maggior parte della gente vuole che vinca, perché la difesa dell’individuo è il vero punto importante.
Ricordo che lo speudonimo con cui si firma Corley, Emmanuel Goldstein è preso in prestito da 1984 di Orwell, è il nemico del Partito che governa Oceania. A causa della sua opposizione al Grande Fratello ogni giorno a partire dalle 11.00 in ogni ufficio e luogo pubblico ci sono delle manifestazioni di isteria collettiva contro di lui: i famosi ‘Due minuti d’odio’.

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