Valhalla rising

Nicolas Winding Refn è il più originale autore della sua generazione, ormai tutti conoscono il regista danese per Drive ma prima anche grazie all’incontro con l’attore feticcio Mads Mikkelsen già protagonista della trilogia Pusher, produce Valhalla Rising (2009), ipnotico, lisergico e danzante mondo barbarico in cui un guerriero guercio, tenuto al guinzaglio, raggiunge una comunità di vichinghi insieme ai quali punta dritto verso l’ignoto: il mito si trasforma in gesto brutale che fa sentire il sapore del sangue, ammutolisce e catapulta lo sguardo in un verde marcio reso magnetico dal trascinante “noise” chitarristico di fondo.

Andrò contro corrente ma Valhalla Rising per me è un film profondamente meditativo e, a dispetto di ciò che ci si aspetterebbe studiando la trama, ben lungi dal limitarsi a mettere in scena un mero scontro muscolare tra i rozzi titani che popolano la storia.
One Eye, solenne e iperbolica mescolanza di tutti gli eroi solitari di Sergio Leone e Kurosawa, non conosce il piacere ma solo il dolore estremo. I feroci combattimenti intorno al palo sono sì disturbanti, ma mostrano un’irruenza assai seducente. Poi sopraggiunge la parte contemplativa aiutata da una cornice naturale, quella delle highland scozzesi, che catapulta gli spettatori in una fase metafisica.

Trama:
In un tempo mitologico sconosciuto, c’era una volta uno schiavo di incredibile forza guerresca. Con l’aiuto di un giovane ragazzo, un giorno riusce a liberarsi e riversare la sua furia sugli uomini che lo avevano tenuto prigioniero per anni torturandoli e uccidendoli. Attraverso le valli della Scozia, questo guerriero orbo e muto ma dalla potenza sovrumana si imbarca su un vascello di nobili vichinghi per intraprendere una crociata in Scandinavia, ma, passando attraverso una bruma inquietante e ripetuti attacchi da una forza sconosciuta, comprese presto di essersi addentrato in una terra oltre i confini della natura e che il suo fato era già stato scritto dagli dei.

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