I senza-tempo, Alessandro Forlani, Urania
Sono in fase di lettura del libro vincitore dell’ultimo premio Urania, I senza-tempo di Alessandro Forlani, un’atipico libro di fantascienza/fantasy/horror che lo stesso autore in un intervista che ci aveva concesso definiva opera barocca, che aggiungo io è però infarcita di citazioni di fumetti, film e videogiochi. Una vera goduria per noi geek/nerd ed un romanzo che è difficilmente catalogabile.
Nel 2012, il negromante Monostatos si risveglia da un sonno durato alcuni secoli. È affamato perciò fa strage dei bambini di una scuola elementare per mangiarne le carni. Clara, una giovane giornalista accorsa sul posto, riesce a scattare qualche fotografia nonostante debba trattenere i conati di vomito.
Chi sono il dottor commercialista Totali, l’avvocato fallimentare Pantocrati, il notaio Maggioritariis? Cosa vogliono gli Archiburoboti, invasori meccanici già in marcia nel 2024? L’intempestiva risposta arriverà nella spaventosa Italia che ci aspetta nel 2036, in un romanzo di magistrali nefandezze e originalità assoluta. Abbiamo personaggi che ricevono l’A.R.I.A. (Assegno di ricerca e integrazione accademica: un risarcimento statale per l’inutile impegno profuso negli studi), un altro che sta per terminare il suo stu.pro, (contratto studentesco a progetto), e un’azienda che usa zombie come impiegati. Imperdibile veramente.
“Alessando Forlani, sedicente scrittore, è nato negli anni ’70 del XVII secolo, si è reincarnato nel XIX, nel XX e XXI. Vive su vagoni TrenItalia, non risponde al telefono ma è colpa delle gallerie. Nerd, roleplayer e alchimista: ciò ne fa immancabilmente un autore di racconti fantastici. Di giorno si impaluda da docente universitario e ciacola di sceneggiatura, drammaturgia, cinema, scrittura e teatro. S’aggira fra l’Accademia di Belle Arti di Macerata, ScuolaComics Pescara e l’Università di Bologna (Polo di Rimini). Di notte, che dovrebbe far l’artista, piuttosto va al cinema, legge fumetti, ascolta musica barocca, gioca a soldatini e poi va a dormire. Perché crede che sia più sano scrivere così.”