Oscar 2013

Eccomi qui a commentare, decisamente fuori tempo massimo, i premi Oscar 2013. Questo perchè solo adesso sono riuscito a vedere tutti i film candidati. La cosa bella è che questa manciata di opere cinematografiche mi ha completamente riconciliato con la settima arte. Io ero tra quelli che sostenevano la linea che le serie tv negli ultimi anni avevano raggiunto se non superato in qualità il cinema ma adesso sono convinto che opere come Non è un paese per vecchi, Gran Torino, Tree of life o Crash (contatto fisico) siano ancora un passo aventi rispetto a quello che viene prodotto dalla tv, che comunque ogni tanto qualche gioiello lo sforna.

Analizzando i film che l’Academy ha deciso di portare in finale ci si rende conto che quest’anno la qualità tra le opere era nettamente superiore agli altri anni:
Argo, il film di Ben Affleck, il fim vincitore è un film sorprendente perché capace di mischiare, storia, spy movie e commedia con estrema naturalezza. Il risultato è un’opera di sorprendente solidità, animata da un’etica di ferro e capace di muoversi attraverso i tre registri principali del cinema, amalgamandoli con l’invisibile maestria di un veterano del cinema. Nonostante sia solo al suo terzo film da regista Ben Affleck si conferma uno degli autori giovani più interessanti in assoluto, capace di fondere l’azione da cinema di guerra della prima parte con la commedia hollywoodiana della seconda e infine la tensione del dramma storico della terza.
Lincoln, il grande sconfitto della serata degli Oscar è un film solidissimo, con un grande interprete, un sempre grande Daniel Day-Lewis, e un opera che non parla solo del passato degli USA ma anche del suo presente e futuro. Con l’aiuto fondamentale della sceneggiatura di Kushner (già autore del meraviglioso Munich), il regista ci invita dunque dentro un grande romanzo, dove ogni personaggio ha il suo momento ma tutti convergono come falene verso un’unica luce, emanata dal protagonista. L’impresa, tentata e superata, è quella di rendere intima e interiore una questione di giustizia e di politica universale.
Django Unchained è l’omaggio di Tarantino agli spaghetti western che tanto aveva già omaggiato ma mai così con amore, film contro lo schiavismo assolutamente politicamente scorretto, grandissimo il cast, Christoph Waltz su tutti, Jamie Foxx, Leonardo DiCaprio e Samuel L. Jackson, da brividi il finale con la colonna sonora di Lo chiamavano Trinità Django Unchained è un’opera impeccabile, interamente risolta, che procede come un lungo tapis roulant da un incipit cinico-grottesco, quasi alla fratelli Coen, verso un discorso più profondamente crudele e un riscatto totale, affidato al personaggio di Christoph Waltz, che mette a tacere qualsiasi sterile polemica.
Zero dark thirty è il rocciosissimo film di Kathryn Bigelow, capolavoro che mostra per l’ennesima volta la maestria di questa regista che mostra senza retorica la cattura di Bin Laden. C’è una considerazione banale nella sua evidenza che fa di Zero Dark Thirty un film raro e imperdibile: tanto nella ricostruzione quasi documentaristica dei metodi di lavoro dell’Intelligence, delle dinamiche maschili al suo interno, della solitudine al femminile, dell’impegno visivo, strategico e linguistico che ne sono parte integrante e che occupano per intero la prima parte del film, quanto nella grande sequenza dell’azione e nella difficile chiusura, non c’è nulla che manchi al film né nulla che sia di troppo. 
Life of Pi è un film sulla spiritualità, il protagonista Pi Patel, incarna la sintesi del sincretismo religioso e della curiosità intellettuale di chi non si accontenta della morale comune o di qualcuno che indichi cosa sia giusto e cosa sbagliato, opera visivamente una gioia per gli occhi. 
Silver Linings Playbook (Il lato positivo) è la vera sorpresa, anche qui un cast stratosferico, con Bradley Cooper, Robert De Niro e Jennifer Lawrence (oscar per attrice non protagonista). Un’opera originale che parla di sentimenti veri e che possiede una forza d’urto letterale, e dell’impresa interpretativa di Bradley Cooper che meritava l’oscar, se non ci fosse stato Lincoln. Il bilanciamento di dramma e commedia è ormai la norma ma il quid del film di O. Russell, ciò che lo eleva sopra la norma priva di particolare interesse, è proprio in questo equilibrio, più riuscito e ardito del solito, perché operato su una materia scivolosa, fatta invece di squilibri, di ricadute e continue ridefinizioni degli obiettivi e delle aspettative.



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