Le avventure di Tintin – Il segreto dell’Unicorno

Visto solo adesso ma piaciuto tantissimo! Spielberg archeologo infaticabile delle immagini, dei corpi e dei volti scava indietro nel tempo e nelle pagine di Georges Prosper Rèmi, in arte Hergè, portando sullo schermo il suo ragazzo coi capelli rossi e la testa ovale, i pantaloni alla zuava e un maglione celeste.
E a nuova vita nasce letteralmente Tintin, che nella regia di Spielberg e nella produzione di Peter Jackson emana un inconfondibile odore di dinamite, quella che il protagonista ‘catturato’ di Jamie Bell fa esplodere riguadagnando la libertà e il diritto all’avventura. Perché la vocazione al movimento e all’azione in Tintin è creata e ricercata con ostinazione diversamente da Indiana Jones costantemente agito e costretto, ‘obbligato’ a essere fuori dal comune e dalla ‘grazia’ dell’università. Con il celebre archeologo Tintin condivide piuttosto la doppia natura di eroe e di everyman, il piacere supremo dell’avventura e della sfida, il mondo terrestre o quello marino come luogo di implicazioni e complicazioni. Più in generale poi L’avventura di Tintin: il segreto dell’Unicorno rivela la rilevanza della citazione nel e del cinema spielberghiano. Rimandi infiniti che soggiogano il suo pubblico e ne facilitano l’ingresso nell’universo fantastico.

Spielberg non rifà se stesso e nella sua arte (cinematografica) c’è del progresso, progresso che sposta in avanti asta e livello, ribadendo che “il cinema è un’arte che deve ancora essere inventata”. Riconoscendo rispettosamente e traducendo fedelmente la misura del personaggio di Hergè, Spielberg colma la scollatura tra un’idea e la sua realizzabilità tecnica, salendo sul Polar Express di Zemeckis, facendo tesoro delle sue prove tecniche e perfezionando magnificamente quell’esperimento imperfetto. Spielberg converte digitalmente Jamie Bell, Andy Serkis e Daniel Craig, catturandone (soltanto) la performance e la consistenza emotiva e lasciando riconoscibile il (di)segno originale e la psicologia dei protagonisti del fumettista belga. Personaggi mutuati e sintetici che conquistano il cuore per gli effetti e gli affetti speciali messi in scena, garantendo ai celebri albi un (nuovo) futuro, un nuovo pubblico e due nuovi episodi diretti questa volta da Peter Jackson. Caricate le avventure di Tintin di nuove valenze estetiche che possiedono un indubbio valore ‘tecnico’, il regista ritrova l’emozione e la capacità fabulatoria di un cinema visionario. E non chiamatelo più cinema d’animazione.

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