La mossa del pinguino

È una vicenda complessa e piena di sottotrame, quella de La mossa del pinguino, scritta da Claudio Amendola ed Edoardo Leo (che interpreta il ruolo di Bruno) insieme a Michele Alberico e Giulio Di Martino (con soggetto di Andrea Natella), e diretta dallo stesso Amendola con l’intenzione di inserirsi nel filone della commedia all’italiana, in particolare quella di Steno. Ci riesce facendo leva su alcuni punti di forza: un cast affiatato, su cui torreggiano Ennio Fantastichini e Antonello Fassari, ma anche il piccolo Damiano De Laurentiis nei panni di Yuri; un’ambientazione quintessenzialmente romana per luoghi, accenti e tipologie umane; un occhio attento alla realtà, evidente anche nei dettagli di scenografia e costumi (di Roberto De Angelis e Antonella Cannarozzi).
Per certi versi, La mossa del pinguino è anche un film di genere, quello “imprese sportive improbabili”, come Cool Runnings – Quattro sottozero e poi Machan di Uberto Pasolini, ma segue anche il format Full Monty (non a caso prodotto dallo stesso Pasolini) sui gruppi di disoccupati che trovano un’alternativa alla disperazione.
Amendola risente di un’impostazione televisiva nelle dinamiche relazionali e nelle inquadrature (anche se la veduta iniziale da sotto il biliardino lascia intuire un certo coraggio registico) ma alcuni dialoghi sono davvero ispirati, come quello sulla “biglia che va tenuta come un passerotto”, e alcuni particolari, come i primi piani dell’uovo al tegamino, trasudano affetto sincero per l’aspetto minimo e immensamente gratificante dell’esistenza umana. Senza grandi pretese, questa storia di falliti non ancora rassegnati ad un mondo dove “tutto è già deciso”, si fa volere bene e strappa più di una risata convinta. Speriamo in uno sdoganamento ulteriore dell’estro creativo di Amendola e Leo, che hanno la capacità di raccontare il mondo che conoscono, e farlo amare dal pubblico.