I, Tonya

Tonya Harding non ha avuto un’infanzia facile e le cose non le sono andate meglio crescendo. Eppure, sebbene sofferente d’asma e forte fumatrice, da sempre e per sempre poco amata dai giudici di gara, che non la ritenevano all’altezza di un modello da proporre, la Harding è stata una grande pattinatrice, la seconda donna ad eseguire un triplo axel in una competizione ufficiale e tuttora una delle pochissime ad averne avuto il coraggio, tanto che il film di Gillespie, che racconta la sua ascesa e la sua caduta, ripercorrendo la sua biografia dai 4 ai 44 anni, ha dovuto supplire con effetti speciali, non trovando nessuna controfigura disposta o capace di farlo.

Anche qui abbiamo una figlia, Margot Robbie (Tonya) e una madre Allison Janney, straordinaria nella sua follia.

Tonya è una donna a cui il sogno americano ha sbattuto una porta in faccia,
il film ripercorre con graffiante ironia la sua parabola artistica. Margot Robbie s’imbruttisce e dà il meglio di sé nel rendere il temperamento focoso e psicolabile della giovanissima protagonista, e la volontà esplicita di fare dell’immagine di Tonya quello che il suo primato nello sport non è riuscito a fare, ovvero una sineddoche dell’America, della sua sete di eroi e di colpevoli, di successo e omologazione