Un matrimonio all’inglese

Ieri sera ho visto Un matrimonio all’inglese, nell’originale Easy Virtue, eccellente operazione d’adattamento di Stephan Elliott della pièce omonima del commediografo Noel Coward, che in passato aveva già conquistato Alfred Hitchcock (Fragile virtù). Prodotto dalla BBC ha un eccellente cast, Jessica Biel, modella americana, incarna la volitiva Larita, inetta nella nobile arte della sopportazione forzata, Ben Barnes (Il principe Caspian delle Cronache di Narnia per intenderci) è il maritino plasmabile e molto naïve, Kristin Scott Thomas (la ricorderete ne Il paziente inglese e In 4 matrimoni e un funerale) e Colin Firth (La talpa e Il discorso del re) sono il re e la regina della risata a denti stretti, tra una stilettata e l’altra.
Con Easy Virtue il regista australiano si cala in un’epoca passata (come non ricordare il bellissimo e per ambientazione simile Quel che resta del giorno) con il passo curioso e spedito della contemporaneità, ma senza per questo farne un’operetta.
Se la storia poggia su un conflitto di civiltà canonico, tra vecchio e nuovo mondo, le tinte con cui l’autore inscena tale confronto sono deliziosamente originali e sembrano ricalcare l’aforisma di Wilde per cui gli inglesi “oggigiorno” hanno veramente tutto in comune con gli americani, tranne, naturalmente, la lingua. Consigliato agli amanti delle atmosfere inglesi anni 20, e di film consimili come Casa Howard e Camera con vista di Ivory e Ritratto di signora di Jane Campion.

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