Come in August Osage County e The Judge il funerale di un genitore riunisce una famiglia sotto il tetto della casa natia. Affrontando le loro storie e il logoro stato delle loro relazioni, con le persone che li conoscono e amano di più, alla fine si riconnettono in modo isterico ed emotivo in mezzo al caos, l’umorismo, l’angoscia e la redenzione che solo le famiglie possono offrire, facendoci impazzire anche quando ci ricordano la parte più vera e migliore di noi stessi.
Grande cast anche in questa commedy/dramma con una famiglia popolata da personaggi vividi e familiari, raccontata con grande intelligenza e dialoghi al vetriolo. Tratto dal romanzo Portami a casa di Jonathan Tropper.
Quando il padre muore, quattro fratelli, feriti e distrutti dalle rispettive vite di adulti, sono costretti a tornare alla loro casa natale e a vivere insieme sotto lo stesso tetto per una settimana.
Le ultime volontà del padre richiedono che venga celebrata la Shiva, il periodo di lutto prescritto dalla religione ebraica: per sette giorni consecutivi tutta la famiglia dovrà riunirsi sotto lo stesso tetto. E sette giorni possono essere un tempo infinito, soprattutto se i componenti della famiglia sono tutti fuori di testa e non riescono a stare per più di ventiquattr’ore insieme senza scannarsi. Ne bastano molte meno perché la casa diventi una polveriera pronta per esplodere a causa di vecchi rancori, passioni mai sopite e segreti inconfessabili.